Pietro Melis: processo per istigazione all’odio razziale

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  1. andychow
     
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    «Gli ebrei meritano i lager»: docente a giudizio
    Cagliari, oggi comincia il processo per istigazione all’odio razziale
    Mauro Lissia - La Repubblica- Cagliari (La Nuova Sardegna)

    CAGLIARI. Pietro Melis è un silenzioso professore di storia della filosofia a Scienze della Formazione. Sessantott’anni, sorride poco e adora gli animali. Facile incontrarlo la sera in piazza Michelangelo, passo lento e cagnetto al guinzaglio. Un uomo tranquillo che respira la città. Oggi Melis dovrà presentarsi di buon mattino davanti al giudice del tribunale Ornella Anedda. E’ imputato di un reato inquietante: istigazione all’odio razziale, etnico e religioso.
    Rischia una condanna a tre anni che grazie all’indulto non gli aprirebbe le porte del carcere ma significherebbe per lui una grave sconfitta sul piano che gli preme di più: quello culturale. Scapolo, una candidatura lontana con la Lega sarda, filiazione del partito di Bossi, Melis è il classico intellettuale contro. Anni fa, in un dibattito televisivo, dichiarò di non condividere il proselitismo del bene: la solidarietà - disse - non è un sentimento che si può imporre. Gli arrivò addosso una mitragliata di insulti che nell’insieme non influirono sull’espressione quasi plastificata del suo viso.
    In tribunale però, lui che vive da sempre nelle biblioteche, dovrà andarci per un libro. E’ il suo ultimo saggio. Il titolo: ‘Scontro tra cultura e metacultura scientifica, l’Occidente e il diritto naturale’. Alle pagine dodici e sedici alcuni passaggi forti contro il popolo ebraico: «Il cosiddetto tempio ebraico era in realtà un grande mattatoio, dove i cosiddetti sacerdoti cospargevano continuamente l’altare del sangue di animali ancora vivi. In considerazione di ciò è giusto dichiararsi antisemiti nei confronti degli ebrei credenti, nè ci si può dolere del fatto che questi siano finiti nelle camere a gas naziste».
    Era dicembre del 2004: stampato il volume e curata la diffusione nelle librerie, il professor Melis ne spedì una copia al rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. La dedica di pugno: «Maledetti ebrei». Poi una nota d’accompagnamento: «Il mio saggio, inviato a 140 biblioteche italiane e straniere, sia un marchio indelebile sulla vostra pelle. Sulla base del diritto naturale non dovrebbe essere un reato giustiziare un ebreo credente o un islamico». Di Segni rabbrividì, poi chiese l’intervento della Procura cagliaritana. Com’è andata si sa: volume sequestrato in tutta Italia dalla Digos e Melis indagato. Geometrico il ragionamento del pubblico ministero Danilo Tronci e quello successivo del gip, che autorizzò il sequestro: «Nel libro sono contenute idee fondate su odio razziale, con implicito incitamento alla commissione di atti di discriminazione per motivi razziali e religiosi». Esattamente quanto era parso evidente a chiunque avesse letto quelle frasi avvelenate. Ma al di là dei provvedimenti giudiziari, l’impatto pubblico dell’opera di Melis fu quello di un macigno lanciato sulla folla: un’interrogazione parlamentare firmata da Gianfranco Anedda (An), poi altre due da deputati dei Ds. Polemiche durissime, la comunità ebraica indignata, i commenti di Francesco Cossiga e il rettore Pasquale Mistretta costretto a scusarsi a nome dell’Ateneo per una sorta di omesso controllo: «Impossibile leggere ogni riga di ogni pubblicazione che esce dalle facoltà...». L’inevitabile tam-tam dei media, con le frasi incriminate in libera circolazione per settimane. Qualcuno chiese la testa del professore, giudicato indegno di insegnare all’Università. Altri lo liquidarono come pazzo. Lui, Pietro Melis, abbandonò per una volta il basso profilo e cercò di spiegarsi. Con una nota in cui le perifrasi erano abolite in partenza: «Non posso essere considerato un filonazista se non dai disonesti e dagli imbecilli - era scritto - se gli animali non hanno diritto ad un rispetto non lo possono pretendere neppure gli uomini, perchè abbiamo la stessa origine cellulare. Conseguentemente non si può pretendere, come pretendono gli ebrei credenti e gli islamici che metto insieme, di far soffrire inutilmente gli animali nei mattatoi con la scusa delle regole religiose». Perchè questa era l’origine di tanta virulenza antisemita: le sofferenze degli animali, la pratica ebraica di dissanguare le bestie nei macelli provocandone una morte lenta e dolorosa. Una prescrizione di origine religiosa che Melis non sopporta a causa del grande sentimento d’affetto che lo lega dichiaratamente al mondo animale e che sarà oggi al centro del processo.
     
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